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Un aspetto tanto inconsueto quanto affascinante dell’archivio fotografico relativo agli anni di Vaglieri ad Ostia sta nella presenza, accanto alla tradizionale documentazione di scavo eseguita con la consueta perizia ed attenzione, di un certo numero di immagini che potremmo definire non archeologiche in senso stretto, in quanto non documentano momenti dell’attività scientifica, ma colgono personaggi e situazioni in momenti assolutamente informali. Non per questo risultano, a chi sappia leggerle con il giusto spirito, meno preziose. (30)
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Senza spingersi in considerazioni analoghe a quelle fatte sulle foto di Th. Ashby (C.F. Giuliani, ‘Attualità di Thomas
Ashby’, AA.VV., Il Lazio di Thomas Ashby 1891-1930, Roma 1994, 13), si può senza dubbio affermare che per Dante
Vaglieri la fotografia è stato uno strumento fondamentale ed insostituibile di documentazione e di tutela (si veda per
esempio la campagna fotografica sui monumenti da salvare prima dell’espansione edilizia, svolta dall’Associazione
Archeologica Romana). Senza dubbio manca alle foto di Vaglieri (raggruppiamo sotto il suo nome, anche se non siamo
certi della paternità, tutte le fotografie scattate tra il 1907 ed il 1913) il fascino dei paesaggi scomparsi che tanto oggi ci
emoziona davanti alle foto di Ashby, ma si tratta evidentemente di foto di lavoro, quasi sempre scattate al termine dello
scavo (rarissime sono infatti le immagini di scavi in corso). Le rare immagini che non si riferiscono al cantiere ci
riportano effettivamente ad una immagine del Tevere che sarebbe scomparsa di lì a pochi anni, o allo splendore
naturalistico di Porto, quasi che come Ashby immaginasse “un grandioso parco archeologico-monumentale” (Giuliani,
cit.).
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