Carlo Piola Caselli
La corazzata Avérof varata a Livorno


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     Per le solennità delle Panatenee, fece fabbricare una nave, sul cui albero distese il peplo di Atena, ma la dotò di ruote, in maniera tale da renderla anfibia, facendola trascinare dagli asini per le vie della città, con somma meraviglia degli ateniesi, che gli conferirono una corona d'alloro e lui, per ringraziare dell'onore testimoniatogli, promise per le prossime, fra quattro anni, di inaugurarle in un grande stadio, tutto di marmo: così fece ed ancor oggi, se pur quasi rifatto, possiamo ammirare l'impostazione originaria.
     Provvide così alla costruzione dello stadio, capace di cinquantamila posti, ornato di statue, tanto da essere considerato una delle meraviglie dell'epoca.
     Erode Attico aiutò anche l'antica Olimpia: la scarsità d'acqua della zona creava un grosso problema alle migliaia di spettatori che seguivano le gare d'estate, per cui costruì a proprie spese un acquedotto, risolvendo così il problema.
     Ma non si fermò a questo. Costruì il teatro di Corinto, nel cui istmo eresse il tempio a Poseidone, dedicando al dio del mare una statua di rame ed un'altra ad Amfitrite; (1) costruì lo stadio di Delfi, bagni termali alle Termopili ed in molte città dell'Eubea, della Beozia e di altre regioni.
     Ebbe tuttavia una vita dura: sua moglie mise al mondo un bambino, Erodiano, che morì da piccolo; ne soffrì molto e si separò. Dopo molto tempo si risposò con la bella Rigili, ma presto questa morì. Perse quasi la testa: coprì le pareti di casa di marmi neri, mise tende di uguale colore alle finestre, donò i gioielli di lei al tempio di Eleusina, in suo onore fece erigere il teatro sotto l'Acropoli detto però ancor oggi Odeon di Erode Attico; dotò di altre opere Roma, varie altre parti dell'Asia, sempre dedicate a sua moglie, che chiamava “luce della sua casa” (ecco forse perché, spentasi lei, ornò le pareti di nero).

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(1) La nereide Amfitrite (figlia di Nereo e di Doride) voleva sfuggire a Poseidone (Nettuno), rintracciata da due delfini (elevati dal dio a costellazione) o rapita dal dio a Nasso, mentre danzava con le sorelle; artefice della trasformazione di Scilla in airone; nell'Odissea è allegoria del mare; per Esiodo (Teogonia) sposa di Poseidone, con cui è solitamente venerata.